LE EMOZIONI NELLA MEMORIA

Normalmente associamo la memorizzazione ad un tipo di lavoro puramente “mentale” o “intellettuale”.

Probabilmente infatti, una persona che vuole mimare con un gesto l’atto di aver memorizzato indicherà col dito un punto del proprio cranio ad indicare il cervello.

Nulla di più corretto, in effetti la memoria, come la maggior parte delle nostre funzioni, sono regolate dalla meravigliosa macchina che abbiamo in testa.

Ma c’è un aspetto che gli anglosassoni hanno intuito meglio di tutti: essi infatti per dire di aver imparato a memoria usano il termine learn by heart (letteralmente imparare “di cuore”).

Il cuore infatti è generalmente considerato il centro delle nostre emozioni, anche se è ben risaputo che esse sono regolate da alcune strutture subcorticali, che vanno a formare il cosiddetto sistema limbico, presenti nel nostro cervello, non nel cuore.

La cosa curiosa è che il sistema limbico è anche la sede di immagazzinamento dati della nostra memoria, specialmente quella a lungo termine. Infatti uno dei principi fondamentali che anche i grandi campioni di memoria usano per immagazzinare quantità enormi di informazioni in pochissimo tempo, è proprio l’utilizzo delle emozioni. Se ci fate caso, gli eventi della vostra vita che vi hanno suscitato un’emozione sono quelli che ricordate meglio; ma anche quelle nozioni particolari, strane, che per la loro natura paradossale hanno suscitato in voi una reazione di sorpresa, di disgusto, o un qualche altro tipo di sentimento, sono ben impresse nella vostra memoria.

Questo accade perché, per la nostra sopravvivenza ed il nostro sviluppo, esistono due “reparti” nel nostro cervello, uno per ciascun emisfero, che si chiamano amigdale e che hanno il compito di inviare una risposta fisiologica istantanea alle nostre emozioni e a memorizzare gli eventi che le hanno provocate, permettendoci di farci trovare pronti la volta successiva.

Solitamente le emozioni sono suscitate da uno stimolo esterno, quindi apparentemente non c’è modo per cui possiamo essere noi a decidere se rendere un evento o un’informazione abbastanza emotivo da poterlo ricordare a lungo. Nulla di più sbagliato! Anzi, è sempre, nel 100% dei casi, il nostro cervello ad attribuire questa caratteristica agli stimoli esterni, solo che normalmente lo fa automaticamente, senza che noi ce ne rendiamo conto razionalmente.

Con le tecniche giuste e con un po’ di fantasia, però, è possibile imparare a rendere questo processo volontariamente controllabile da noi. La nostra capacità di immaginare, distorcere gli stimoli e rievocare immagini, suoni e sensazioni ci permette, cioè, di attribuire anche alle informazioni più piatte e “noiose”, delle caratteristiche che le rendano assolutamente facili da ricordare, semplicemente sfruttando una caratteristica che abbiamo già installata nella meravigliosa macchina che abbiamo in testa.

Stefano Basile

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